Ultimo aggiornamento: 23 maggio 2025 09:24
In un’epoca dominata dalla comodità dello streaming, dove il cinema rischia di appiattirsi su piccoli schermi e compressioni digitali, esiste ancora una forma di visione capace di far tremare la poltrona e togliere il fiato: IMAX 70mm 15 perf. Un formato che non si limita a proiettare immagini, ma le scolpisce nella retina, con una forza visiva tale da trasformare una proiezione in un evento quasi mistico. Ma cosa rende davvero speciale questo formato, così amato da registi come Christopher Nolan? E come reagiscono i film moderni a questa scelta produttiva così estrema?
Un formato titanico
Il termine “15 perf” si riferisce al numero di perforazioni per fotogramma lungo i bordi della pellicola. Ogni fotogramma in questo formato è largo quanto 15 perforazioni, a differenza del più comune IMAX 70mm a 5 perf o, ancor di più, del classico 35mm. Risultato? Un fotogramma del 15 perf è tre volte più grande del IMAX 70mm standard, e infinitamente più dettagliato rispetto ai comuni standard digitali.
Questo dettaglio extra si traduce in un’immagine che supera anche la risoluzione dei display 4K, regalando uno spettacolo visivo che solo poche sale al mondo possono ospitare. La pellicola stessa è un oggetto fisico imponente: un film in IMAX 70mm 15 perf da tre ore può superare i 17 chilometri di lunghezza. Per i tecnici delle sale, gestirlo è una sfida. Per lo spettatore, un privilegio.
Tecnologia e arte: il matrimonio perfetto
Girare in questo formato non è semplice. Le cineprese usate sono poche, ingombranti, rumorose. Per le riprese di “Oppenheimer”, ad esempio, sono stati usati due modelli: la IMAX 65mm e la Panavision Super 70. La distinzione tra 65 e 70mm è tecnica: 65mm rappresenta la larghezza della pellicola utilizzata per la ripresa, mentre 70mm è quella della pellicola di proiezione, che include anche le bande audio.
Il lavoro di Kodak è stato cruciale. Per alcune sequenze, la casa ha prodotto per la prima volta la pellicola in bianco e nero Double X nel formato 70mm, dimostrando quanto sia importante la cura dei materiali anche nell’era digitale.
Tuttavia, non tutto può essere girato in IMAX 70mm 15 perf. Il rumore assordante delle cineprese le rende inutilizzabili per scene con dialoghi. Per questo motivo, si alternano riprese in 15 perf con quelle in 5 perf o altri formati digitali, creando transizioni visive a volte brusche e percepibili. Il salto di qualità è evidente: le scene in 15 perf sono limpide, vetrose, tridimensionali. Quelle in 5 perf appaiono più granulose, meno incisive.
IMAX 70mm:un’esperienza imperfetta, ma viva
Chi ha avuto la fortuna di assistere a una proiezione in questo formato racconta di un coinvolgimento totale. Lo schermo IMAX riempie l’intero campo visivo, dal pavimento al soffitto. L’immagine non solo si vede: si sente. I dettagli sono così intensi che il cervello ha bisogno di qualche minuto per abituarsi, come se fosse entrato in un’altra realtà.
Ma ci sono anche le imperfezioni: polvere, graffi, sfarfallii. Segni della fisicità della pellicola, che tradiscono la sua natura analogica. Non è un’immagine pulita come un file digitale, ma è viva, vibrante, a tratti ruvida. E proprio per questo, umanamente affascinante.

Barbenheimer: due film, due esperienze
Due titoli recenti hanno riportato l’attenzione del grande pubblico sull’importanza del formato: “Barbie” e “Oppenheimer”, spesso uniti sotto l’etichetta social di “Barbenheimer”. Due film profondamente diversi, ma entrambi osservati con grande attenzione da chi ama il cinema come linguaggio visivo.
“Barbie”, diretto da Greta Gerwig, è stato definito un film visivamente esplosivo. Le scenografie, i colori, i movimenti coreografici: tutto contribuisce a costruire un universo giocoso e satirico. Ryan Gosling spicca come Ken, regalando momenti memorabili e ilari, mentre Kate McKinnon nel ruolo di Weird Barbie è stata una sorpresa comica.
L’apertura, con la parodia di “2001: Odissea nello spazio”, è un omaggio al cinema stesso, un segnale che ci troviamo davanti a un film che conosce i propri riferimenti. Tuttavia, a livello narrativo, il film sembra oscillare: troppo maturo per i bambini, troppo giocoso per un pubblico adulto in cerca di riflessione. Alcuni spettatori hanno percepito un eccesso di tentativi di imitare lo stile Bollywood, senza raggiungere pienamente l’effetto desiderato.
Il desiderio era forse quello di un impatto più profondo, una crisi esistenziale in formato rosa. Invece, il film resta su toni leggeri, seppur brillanti. Alcuni elementi visivi – come il modo stilizzato di scendere dalle auto o gli effetti speciali volutamente finti – sono stati usati troppo poco. Eppure, il potenziale c’era.
“Oppenheimer”, di Christopher Nolan, ha invece scelto il realismo, la tensione, il peso della storia. Un film che è un’esplosione visiva e uditiva, non solo per la bomba atomica al centro della trama, ma per il modo in cui è costruito. Cillian Murphy è stato lodato per la sua interpretazione intensa, mentre Robert Downey Jr. e Emily Blunt completano un cast stellare con performance memorabili.
Le scene girate in IMAX 70mm 15 perf sono state definite mozzafiato, tanto da zittire la sala. Ma il film presenta anche delle difficoltà: la quantità di personaggi storici, i salti temporali, il montaggio serrato rendono difficile seguire la trama. I dialoghi, spesso coperti da una colonna sonora potente, richiedono attenzione costante.
L’editing è stato descritto come quasi frenetico, con ogni scena che entra il più tardi possibile ed esce il prima possibile. Questo crea un senso di urgenza continua, ma a volte impedisce allo spettatore di respirare. Alcuni hanno auspicato momenti più lenti, più meditativi.
Il futuro passa dal passato
In un periodo storio in cui la visione di un film è spesso compressa tra un algoritmo di raccomandazione e uno schermo di smartphone, il ritorno del formato IMAX 70mm 15 perf suona come un atto di ribellione estetica. Non è solo nostalgia, ma una dichiarazione d’intenti: il cinema può ancora essere un evento, un’esperienza collettiva, viscerale, che merita tempo, spazio e attenzione. È il rifiuto di un’immagine “comoda” per abbracciare un’immagine gigantesca, imperfetta, ma capace di colpire come una vertigine.
Guardare un film girato in IMAX 70mm 15 perf significa entrare fisicamente nell’inquadratura, sentirla avvolgere il proprio campo visivo fino a farlo sparire. È un richiamo quasi primordiale alla meraviglia, quella stessa meraviglia che ha spinto il pubblico a riempire i cinema ai tempi del Cinemascope o del Technicolor. Ma con una differenza fondamentale: oggi, il pubblico ha una scelta. E sceglie il formato pellicola non per mancanza di alternative, ma per un desiderio consapevole di qualcosa di più autentico, di più “reale” — anche se paradossalmente mediato da una tecnologia del passato.
Tuttavia, questo ritorno alla grandezza ha anche i suoi limiti. Le imperfezioni della pellicola, il rumore delle macchine da presa, le transizioni tra i formati, sono lì a ricordarci che l’esperienza cinematografica non è fatta per essere perfetta, ma per essere viva. E in un panorama dominato dal 4K ultra-levigato, l’imperfezione può diventare bellezza. Una bellezza ruvida, palpabile, che chiede attenzione e ripaga con emozione.
Film come Oppenheimer o esperimenti visivi come Barbie in proiezioni straordinarie ci mostrano che il cinema non è morto, nonostante i titoli che gridano all’agonia delle sale. È solo cambiato. O meglio: si sta ricentrando. E in questo rinnovato centro, forse non ci sono solo effetti speciali e streaming illimitato, ma anche una sala buia, un proiettore che ruggisce, 17 chilometri di pellicola che scorrono, e un pubblico che, per qualche ora, torna a guardare, ascoltare e sentire davvero.
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