Thunderbolts: Spiegazione finale e scene Post-Credit

Ultimo aggiornamento: 04 maggio 2025 10:24

C’è un momento, nel finale di Thunderbolts, in cui l’azione si ferma. Le esplosioni si placano, il rumore del mondo svanisce, e rimane solo un uomo spezzato, perso dentro se stesso. È Bob. È lo Sentry. È il Void. È, in fondo, il cuore pulsante (e disturbante) del film.

Il nuovo capitolo del Marvel Cinematic Universe, a dispetto del titolo da film bellico, è un viaggio oscuro nella psiche umana e nel trauma collettivo. Thunderbolts si chiude, sì, con una classica sequenza d’azione, ma ciò che resta impresso è molto più intimo: la fragilità di un uomo considerato il più potente del mondo e la disperata ricerca di redenzione da parte di un gruppo di disadattati chiamati a salvare il mondo… e sé stessi.

Bob e il Siero: la creazione di un dio

Bob Reynolds, alias Sentry, non è il solito supereroe caduto dal cielo o creato in laboratorio con buone intenzioni. È l’unico sopravvissuto agli esperimenti disumani orchestrati da Valentina Allegra de Fontaine e dalla sua oscura organizzazione. E quei test – che richiamano le peggiori pagine della storia della scienza – lo hanno trasformato in qualcosa di spaventoso. Il materiale ufficiale lo descrive come più potente di Thor, Captain Marvel, Hulk e Gaia messi insieme. Ma dietro quella potenza c’è un uomo affetto da una grave malattia mentale, un passato traumatico e una storia di dipendenze.

Thunderbolts sfiora solo l’origine di Sentry, ma i fan dei fumetti sanno che tutto parte da un siero: una variante distorta del programma del supersoldato. Solo che, a differenza di Steve Rogers, Bob non era un “uomo buono”. Era un uomo a pezzi. E così, anziché creare un eroe, quel siero ha amplificato ogni ferita, ogni paura, ogni ombra.

Il Void: la depressione fatta carne

In un inquietante giro di pochi minuti, Bob passa dall’essere il nuovo volto della speranza al diventare l’incarnazione dell’annientamento. Il Void, la sua controparte oscura, si manifesta come un buco nero vivente che divora la luce – una metafora potente per la depressione. L’interpretazione del film è esplicita: il Void non è solo una minaccia cosmica, ma una proiezione della malattia mentale di Bob, del suo senso di colpa, della vergogna, della convinzione profonda di non valere nulla.

E qui Thunderbolts cambia tono. Diventa quasi un film psicologico. I membri della squadra si ritrovano letteralmente intrappolati dentro la mente del Sentry, in un paesaggio onirico e distorto fatto di ricordi traumatici e incubi. È una sequenza che richiama Inception o Eternal Sunshine of the Spotless Mind, ma con un peso emotivo che rispecchia il trauma condiviso: tutti i Thunderbolts sono anime rotte. Ex assassini, strumenti manipolati, soldati smarriti.

Il momento più toccante arriva quando non provano più a combattere il Void con la forza, ma cercano Bob nel profondo del suo dolore. Non è la solita “potenza dell’amicizia”, ma un gesto di empatia radicale: “Ti vediamo. Siamo come te. Non sei solo.” È Yelena, in particolare, a raggiungere Bob. Ha costruito con lui un legame sincero, non da guerriera ma da persona che sa cosa significa sentirsi vuoti.

Anche Bucky, voce silenziosa della squadra, pronuncia forse la frase chiave di Thunderbolts : “Il passato non deve definirti.” È un momento che ridimensiona tutto: il supereroismo diventa secondario rispetto alla capacità di affrontare sé stessi. Il messaggio finale è chiaro: non si “guarisce” magicamente dalla depressione, ma si può imparare a conviverci. Il Void resta, ma anche la consapevolezza che non si è soli.

Thunderbolts, New Avengers: finale spiegato

Dopo lo scontro con il Void, i Thunderbolts affrontano Valentina. Ma invece di uno scontro epico, lei li disarma con l’arma più subdola: la pubblicità. Li presenta al mondo come i nuovi Avengers, salvando la propria reputazione e dando ai media ciò che vogliono. Il nome scelto – New Avengers – è curioso, se non addirittura forzato. Nei fumetti, i veri New Avengers erano ribelli, indipendenti, antitetici alla supervisione governativa. Qui, invece, sono frutto di manipolazione e propaganda.

È una critica sottile (ma neanche troppo) alla mercificazione degli eroi. E non a caso, nella prima scena a metà titoli di coda, vediamo Red Guardian tentare di vendere una scatola di cereali Wheaties con la loro faccia sopra. L’ironia è evidente: un tempo eroi, ora testimonial. Lo scarto tra gloria e sfruttamento è sottolineato da un dettaglio: Alexi è fiero di essere sulla scatola. È sempre stato affamato di riconoscimento, e ora l’ha ottenuto… nel supermercato.

thunderbolts

Thunderbolts: Multiversi, Incursioni e ritorni illustri

Ma Thunderbolts non si limita all’introspezione. L’universo Marvel non si ferma mai, e la seconda scena post credit, che è stata girata sul set di Avengers: Doomsday, cambia registro. Siamo proiettati 14 mesi nel futuro: Sam Wilson ,il nuovo Captain America, sta facendo causa ai New Avengers. È un momento satirico, quasi assurdo, che gioca sul copyright degli eroi. Ma è anche il preludio al vero colpo di scena: il radar della torre dei New Avengers rileva l’arrivo di una nave proveniente dallo spazio. Il logo è chiaro, la musica anche. Sono i Fantastici Quattro.

Il loro arrivo prepara il terreno per Avengers: Doomsday e, più in là, Secret Wars. Secondo le teorie più accreditate , arrivano da un altro universo retrofuturistico, quello del film di I Fantastici 4: Gli inizi , fuggiti dopo aver perso il loro mondo a causa di Galactus, qui reinventato come forza cosmica incaricata di distruggere gli universi che minacciano l’equilibrio del multiverso. Le Incursioni ,collisioni tra mondi paralleli ,sono iniziate. E il responsabile potrebbe essere lo stesso Reed Richards, interpretato da Pedro Pascal, che ha spinto troppo oltre l’esplorazione dello spazio.

Tra le ipotesi più affascinanti, spunta anche il nome di Victor Von Doom. Non ancora apparso nell’MCU, ma pronto, secondo molti, a diventare il centro del prossimo grande evento. Come nei fumetti, potrebbe assumere un ruolo messianico, convinto che solo governando il multiverso potrà salvarlo dalla distruzione. I Thunderbolts ,e soprattutto Bob, si troveranno quindi coinvolti in una guerra cosmica, dove il pericolo non sarà solo fuori, ma dentro di loro.

Il Void potrebbe essere l’elemento impazzito che spalanca la porta al caos. E quel caos potrebbe essere ciò di cui Doom ha bisogno per prendere il potere.

Conclusione: un finale intimo, con lo sguardo verso l’infinito

Ci sono film che chiudono un cerchio, e altri che lo aprono. Thunderbolts fa entrambe le cose, ma lo fa con l’aria stanca di chi non vuole solo combattere, vuole capire. Non è il solito “finale da blockbuster”: è una discesa negli abissi della mente, una battaglia che si gioca più nell’inconscio che sul campo, tra traumi repressi, vuoti interiori e poteri fuori controllo. Il risultato è una riflessione , mascherata da cinecomic , sulla fragilità umana e sul peso della redenzione.

Il cuore pulsante di Thunderbolts non sono le esplosioni, ma Bob. Il suo arco narrativo, denso di ambiguità e dolore, è uno dei più intensi mai affrontati nel Marvel Cinematic Universe. Il Sentry non è solo un personaggio superpotente: è un uomo rotto, devastato, usato. La trasformazione in Void non è un semplice plot twist, ma una metafora cruda della malattia mentale. Il buco nero che tutto consuma è, prima di tutto, dentro di lui. E ciò che rende tutto ancora più disturbante è che, per una volta, il nemico non è da sconfiggere con un pugno, ma da comprendere.

In questa spirale oscura, i Thunderbolts non si limitano ad affrontare un villain: affrontano stessi. I momenti più intensi del film non sono le scene d’azione, ma quelle in cui il passato riaffiora, in un limbo visivo che richiama Inception e Eternal Sunshine. Lì, in quell’inferno personale, la squadra trova il senso della propria esistenza. Non eroi. Non mostri. Qualcosa nel mezzo. Come tutti noi.

Ma se il presente è personale, il futuro è cosmico. Le sequenze post-credit, tra conferenze stampa, cause legali e navi extradimensionali, fanno da ponte verso qualcosa di molto più grande. L’arrivo dei Fantastici 4 e le prime avvisaglie delle Incursioni gettano le basi per il prossimo terremoto narrativo dell’MCU. Il film sembra suggerire che nessun universo è più sicuro, nessuna linea temporale immune, e che i confini tra bene e male ,tra eroi e armi, tra redenzione e manipolazione ,si stanno assottigliando sempre di più.

Ed è forse questa la vera chiave di Thunderbolts: il film ci dice che non c’è salvezza nell’essere forti, ma nell’essere compresi. Che dietro ogni superpotere si nasconde una fragilità. E che anche quando il vuoto sembra vincere, può bastare qualcuno che ti tenda la mano – non per tirarti fuori, ma per restare con te, dentro l’oscurità.

Perché a volte, essere un eroe non significa combattere. Significa restare. Anche quando tutto brucia.


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