Ultimo aggiornamento: 24 agosto 2025 21:19
Dopo tre anni di attesa, Peacemaker 2 riapre le porte di un universo familiare ma radicalmente mutato. La serie non proclama il cambiamento con fuochi d’artificio. Lo sussurra. Un semplice riassunto iniziale, la scritta Previously in the DCU, fa da chiave e da bussola. Quel cartello è un ponte tra il passato e il presente. Dice che il viaggio continua, ma su una strada diversa, e che Peacemaker è uno dei pochi a essere rimasto canonico nella migrazione dal DC Extended Universe al nuovo DC Universe di James Gunn. Peacemakker 2 è pronto per iniziare.
La prova del ribaltamento è linguistica prima ancora che visiva. L’iconica Justice League non esiste più. Ora c’è la Justice Gang, che suona più vicina, più sporca, meno marmorea. Nomi e volti si intrecciano in un mosaico che aggiorna l’alfabeto eroico del DCU. Ci sono Mr Terrific, Hawkgirl, Guy Gardner, c’è perfino Supergirl con quel suo tocco eccentrico da stella fuori orbita. Superman è il perno, attivo a Metropolis da tre anni, come se la nuova cronologia avesse bisogno di un sole attorno a cui ricomporsi.
La gang non ha il monumentale prestigio del vecchio pantheon ma sprigiona una energia operativa e immediata, perfetta per un mondo che corre e giudica in fretta.
Il testo gioca anche con la memoria degli spettatori. Un flashback rievoca il racconto di Peacemaker che, per il mal di volo, vomita su Green Lantern mentre planano sul suo tappeto magico verde. È un aneddoto che torna come preludio comico a un futuro incontro con la Justice Gang e con Guy Gardner, che infatti lo guarda con un disappunto tagliente. La risata diventa arma e ferita insieme, come spesso accade in questa serie.
La ricerca di legittimità di Peacemaker 2
Il cuore emotivo di Peacemaker 2 batte nella stanza in cui il protagonista incontra la Justice Gang per ottenere un riconoscimento formale. Lui porta addosso il peso di chi ha salvato il mondo e vuole che questo peso venga finalmente visto. La risposta è una doccia gelata. Guy Gardner lo schernisce, Hawkgirl lo liquida con sufficienza, e i sospetti sul suo passato riaffiorano come cicatrici non rimarginate. La scena è costruita come un interrogatorio pubblico, un processo al valore di un uomo che sta cercando di non essere più il clown dello spargimento di pace.
Emblematica la comparsa di White Rabbit, Jana Hudson, figura minore del bestiario criminale di Gotham che qui tenta la via della redenzione per entrare nella gang. Anche lei rimbalza contro un no netto. L’effetto è duplice.
Da un lato mostra l’ottusità di una squadra che teme più il rischio d’immagine che la perdita di potenziale. Dall’altro amplifica il senso di esclusione di Peacemaker. Il suo desiderio è chiarissimo. Vuole essere considerato un eroe. Vuole smettere di essere una barzelletta. E ogni porta che si chiude alimenta una miccia che brucia dentro di lui.
Intorno si muove un contesto politico sempre più teso. Maxwell Lord finanzia la Justice Gang e predica zero vittime per non alimentare l’odio verso i metahumans, già raccontato come crescente nel nuovo film di Superman. Le sue parole risuonano però ambigue se ricordiamo l’azione di Hawkgirl, accusata di aver eliminato il leader di un paese. Il confine tra tutela e abuso di potere si fa sfocato, e Peacemaker è intrappolato proprio in quella zona grigia.
Ombre personali e la minaccia della Q
La forza di Peacemaker 2 è anche nello sguardo che scivola dal pubblico al privato. Adabio apre una società di consulenza per la sicurezza e insegue ambizioni che però incrinano il rapporto con la moglie Kia. Harcourt è un nervo scoperto.
Viene accusata da una psicologa della NSA di mascolinità tossica e si ritrova in una lista nera che la esclude dalle agenzie di intelligence. Sullo sfondo si staglia Amanda Waller, meno visibile ma ancora capace di muovere leve e contatti. Argus è ora guidata da Rick Flag Senior, mentre Waller sembra preparare altre mosse. Il suo potere non scompare. Cambia forma.
Nel frattempo, il motore mitologico della stagione scatta nella Quantum Unfolding Chamber, la Q, elemento introdotto nella prima stagione che qui dispiega tutta la sua potenza drammaturgica. Dopo l’umiliazione con la Justice Gang, Peacemaker cerca nella Q un rifugio per Eagly e trova invece un varco acceso.
Dal portale spunta un alieno e lancia un roditore in fiamme. Un gesto assurdo che però svela la natura della Q come crocevia multidimensionale, accessibile a chi possiede una tecnologia gemella.
Seguendo Eagly, Peacemaker scopre una porta che conduce a una dimensione parallela. Qui la serie si prende il lusso di un set pieno di echi e specchi. Fuori dalla soglia si accumulano elmetti di Peacemaker con design diversi. Dentro, una sala dei trofei che brilla di rimandi. C’è un Beacon of Bravery dedicato al Top Trio.
C’è un ritaglio di giornale che celebra una serie di imprese. Il trio è composto da una versione alternativa di White Dragon con armatura blu, da un altro Peacemaker e da un terzo alleato. Tra le loro vittorie spuntano la sconfitta della Rainbow Creature, antica creatura dei fumetti di Batman, e il salvataggio di Gotham da Ultra Humanite, il cervello criminale che si sposta da un corpo all’altro. La stanza è un museo di possibilità. Ogni trofeo è un bivio che non abbiamo percorso.
La ferita più profonda però arriva quando Peacemaker incontra Auggie, il padre di quella realtà, che non è il White Dragon razzista e violento che conosce ma un genitore affettuoso e presente. E soprattutto quando vede Keith, il fratello, vivo e sorridente. È il sogno di un’infanzia non spezzata, la controfigura di una tragedia che nella sua linea temporale lo ha definito per sempre. Le foto incorniciate suggeriscono anche un legame sentimentale fra l’altra Harcourt e l’altro Peacemaker. L’eroe guarda l’immagine di tutto ciò che desidera e non può avere.
Nel mondo di origine, Argus intercetta un segnale dalla Q. Sasha Bordeaux conferma che un fenomeno simile si era manifestato sei mesi prima e durante il cosiddetto Luther incident a Metropolis, un evento che aveva squarciato la città con una frattura dimensionale. Per Argus la Q diventa Priorità Uno. Rick Flag Senior non nasconde il suo rancore personale verso Peacemaker. La caccia è aperta, ma il bersaglio non è solo un uomo. È un varco.
Peacemaker 2: un inizio epico e spietato
Il primo episodio di Peacemaker 2 non cerca una chiusura consolatoria. Cerca un colpo allo stomaco. Nella Q, Peacemaker affronta la sua controparte alternativa, equipaggiata con una tuta potenziata che integra un jetpack, una lama nel guanto e stelle da lancio che sembrano uscite da un arsenale magico.
Lo scontro è fisico, disperato, quasi animalesco. Peacemaker viene ferito gravemente. Nel caos attiva il jetpack della tuta e scaglia involontariamente l’altro Peacemaker contro il soffitto, dove rimane impalato. La morte è accidentale, ma il peso morale è assoluto. Il protagonista rimane solo, sanguinante, intrappolato in una stanza che gli ha mostrato la vita che non ha e il mostro che può diventare.
Intorno infuriano altre crepe. I sistemi di contenimento per i metahumans falliscono. Tre evasioni in due mesi fra Bel Reeve e Arkham Asylum accendono l’allarme. Non parliamo di Lex Luthor, che non è un metahuman, ma di possibili figure come Animal Vegetable Mineral Man e un ventaglio infinito di folli che suggerisce un Batman più attivo che mai.
Maxwell Lord insiste pubblicamente sul rischio di incendiare la diffidenza popolare con ogni vittima collaterale. Il mondo sembra sul punto di chiedere una risposta estrema. In questo scenario, la nascita di una vera Justice League come faro morale non appare un feticcio nostalgico ma una necessità narrativa e politica. C’è chi parla di teoria del Kingdom Come al contrario, una specie di profezia che inverte l’ordine degli eventi per far emergere un’etica condivisa prima del disastro definitivo.
Il tutto è filtrato dall’inconfondibile firma tonale della serie. Il nuovo ballo d’apertura sulle note di Oh Lord dei Foxy Shazam sprigiona ironia e straniamento. Ma il resto dell’episodio spinge sul pedale dell’introspezione e della colpa. Peacemaker 2 eredita trame aperte e le rilancia con maturità. Le conseguenze delle azioni di Amanda Waller su Harcourt, la reputazione fragile di Peacemaker, la Quantum Unfolding Chamber come detonatore di una narrazione multidimensionale, la continuità quasi organica della storia di Rick Flag Senior e di Argus. Tutto converge in un mosaico che non perde mai il ritmo.
Il verdetto è chiaro. Peacemaker 2 apre la stagione con un episodio solido, ambizioso e inquieto, capace di miscelare azione brutale, humour corrosivo e una domanda morale che non smette di pulsare. Non è solo intrattenimento. È la prima tessera di una mappa che promette conseguenze per l’intero DCU e che chiede al suo protagonista la cosa più difficile di tutte. Smontare il mito che si è costruito addosso e diventare, finalmente, l’eroe che dice di essere.
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